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Informazioni sulla consapevolezza onirica e i suoi diversi gradi, che includono i sogni lucidi e le OBE (Out of Body Experiences).
Le tappe di un percorso filosofico e meditativo che integra le ricerche neuroscientifiche e le tradizioni contemplative.
Meditazione e sogno lucido
Meditazione è una pratica di consapevolezza fondamentale nel cammino filosofico e spirituale buddhista, che include un’ampia varietà di approcci. In questi anni se ne sente molto parlare nei termini di ‘mindfulness‘ – traduzione di ‘sati’, che in lingua pāli significa appunto consapevolezza o presenza mentale. Con questo termine si intende oggi un atteggiamento interiore che si coltiva attraverso pratiche meditative principalmente ispirate alla tradizione buddhista. Negli ultimi 40 anni un numero crescente di ricerche ha dimostrato i benefici della meditazione per un’ampia gamma di aspetti della salute e del benessere psicofisici, che vanno dal trattamento e prevenzione delle patologie legate allo stress a un generale accrescimento delle capacità metacognitive (consapevolezza di sé) e di auto-regolazione emotiva.
Sogno lucido è un sogno in cui si è consapevoli di stare sognando. È uno stato di coscienza noto a molte culture (tra cui in particolare il buddhismo tibetano) e riscoperto recentemente dalle neuroscienze. Può essere collocato all’interno di uno spettro più ampio di forme di consapevolezza onirica, che vanno dalla capacità di ricordare con chiarezza i sogni fino ai fenomeni noti come OBE (Out of Body Experience) o viaggi astrali. Non si tratta di un’abilità paranormale, ma di una potenzialità della mente di norma poco sviluppata nella cultura occidentale, che può essere coltivata attraverso pratiche di consapevolezza tratte dalle tradizioni contemplative e corroborate dalla ricerca scientifica. Lo sviluppo della consapevolezza onirica permette un accesso privilegiato all’inconscio e alle dinamiche più profonde della psiche, offrendo un contributo insostituibile alla conoscenza di sé.
Due pratiche complementari
Le moderne ricerche in questi due campi di (meditazione e sogno lucido) hanno mostrato una chiara correlazione tra pratica meditativa diurna e livelli di consapevolezza durante la notte (inclusa la frequenza di sogni lucidi). Ciò non stupisce, se si considera qual è il denominatore comune tra concentrazione meditativa e lucidità onirica: una condizione di limpida presenza a ciò che sorge qui ed ora nel campo dell’esperienza, nella quale si è consapevoli eppure dis-identificati dai contenuti e dai processi della mente.
Per tale ragione, in molte tradizioni contemplative la pratica del giorno e quella della notte rappresentano aspetti complementari e inscindibili di un medesimo percorso di consapevolezza integrale. La meta e il senso di un simile cammino sono la conoscenza esperienziale e diretta (non concettuale) della natura fondamentale della coscienza e di ciò che chiamiamo ‘realtà’ – intendendo con questo termine il processo mediante il quale i diversi contenuti dell’esperienza (esteriori ed interiori) prendono forma e sono esperiti nello ‘spazio’ della consapevolezza, attraverso i diversi stati di coscienza che attraversiamo quotidianamente (per semplificare: veglia, sogno e sonno profondo).
Integrare ricerca scientifica ed esperienza contemplativa: un compito generazionale
Lo studio scientifico delle pratiche contemplative e degli stati di coscienza ad esse correlati, benché promettente, è ancora poco più che agli albori. Alcuni fattori – tra cui la presenza di presupposti epistemologici di tipo riduzionistico, la scarsa competenza nelle pratiche contemplative da parte dei ricercatori, nonché i limiti oggettivi degli strumenti di misura e dei modelli adottati per descrivere il funzionamento della mente – hanno portato in molti casi a cogliere soltanto gli aspetti più superficiali di quella particolare forma di conoscenza di cui si sono fatte finora custodi le grandi tradizioni contemplative (tra cui non devono essere annoverate soltanto quelle asiatiche, ma anche le forme più pragmatiche e meno concettualmente elaborate di expertise degli stati di coscienza che caratterizzano le diverse forme di sciamanesimo, le tradizioni mistiche afferenti alle tre grandi religioni del Libro, nonché le tradizioni filosofico-contemplative occidentali pre-cristiane). Tuttavia, ad uno sguardo aggiornato e provvisto di una certa lungimiranza (e pazienza), la situazione non può che apparire in profondo cambiamento: potrebbero essere necessarie diverse generazioni, ma la neonata cultura globale – di ispirazione senza dubbio laica e scientifica ma ancora largamente in via di definizione – è destinata ad acquisire e ad integrare il prezioso lascito delle grandi tradizioni.
Ciò non dovrebbe spaventare i più affezionati al carattere ‘spirituale’ dei contenuti tradizionali, che in tal modo si teme possa andare perduto. Tale passaggio non dovrà necessariamente assumere i tratti di un processo di secolarizzazione nel quale le pratiche contemplative, svuotate della loro portata trasformativa e della loro capacità di produrre valore e senso, siano ridotte a mero fitness cognitivo. I risultati deludenti di una simile operazione sono già visibili nei contesti in cui, ad esempio, la mindfulness è stata presentata o recepita in forme eccessivamente riduzionistiche e commerciali: il pubblico si stanca presto di ciò che, in tale veste, non può che rappresentare una moda passeggera. Eppure ciò non ha interrotto il processo di progressiva penetrazione nella cultura contemporanea di prospettive e pratiche che stanno acuendo la sensibilità e l’intelligenza dell’essere umano, rendendolo più aperto a cogliere la complessità e la profondità del fenomeno della vita e di quello della coscienza.
Si tratta di un processo senza dubbio disorganico e frastagliato, fatto dei mille rivoli rappresentati dalle importazioni più o meno fedeli di religioni tradizionali, dalla nascita di nuovi movimenti spirituali e contemplativi, ma anche di un progressivo e trasversale shift epistemologico nel campo della ricerca scientifica e filosofica, dove negli ultimi vent’anni il problema della natura della coscienza e quello del rapporto mente-cervello hanno acquisito una centralità sempre maggiore nel dibattito contemporaneo, assieme ad altre questioni che interessano, seppure forse più lateralmente, la conoscenza contemplativa, come la ridefinizione dei paradigmi di stampo meccanicistico per descrivere il fenomeno della vita o la rivalutazione dell’importanza dell’etica.
Il complessivo affinamento della sensibilità contemporanea e la sua progressiva apertura nei confronti di tematiche spirituali considerate per lungo un tempo un tabù per il laicismo scientifico e filosofico, assieme al perfezionamento degli strumenti di misura e dei modelli teorici adottati nella ricerca, fa ben sperare che nei prossimi decenni la cultura globale sarà in grado di assimilare sempre maggiori elementi provenienti dalle tradizioni contemplative, ridonando spessore, profondità e direzione alla comprensione che l’essere umano ha di se stesso e del proprio potenziale creativo. Non è dunque tanto un processo di secolarizzazione quello che ci attende, quanto un’opera di riscoperta e integrazione dell’esperienza contemplativa entro la Weltanschauung contemporanea, in un rapporto di mutuo ripensamento con i suoi assi portanti; un’impresa da realizzare su più fronti – dallo studio e preservazione delle culture tradizionali al dialogo interculturale e interdisciplinare, dalla divulgazione di massa alla sperimentazione d’avanguardia – destinata a contribuire profondamente alla costruzione dell’orizzonte di senso del mondo di domani.
Il mio approccio
In questo sito web sono presentate alcune attività che io, Francesco Tormen – in taluni casi assieme ad altri ricercatori che condividono le stesse idee di fondo –, conduco nell’ambito della libera ricerca, divulgazione e trasmissione della conoscenza contemplativa e delle sue pratiche, con particolare riguardo per la meditazione e il sogno lucido. Seppure la mia specifica formazione e le mie esperienze di vita mi abbiano avvicinato in modo particolare alla tradizione del buddhismo tibetano, il mio approccio ai temi qui presentati è scevro da qualunque affiliazione disciplinare o religiosa; cerco invece di affrontare tali contenuti adottando un respiro filosofico (che permetta di penetrare oltre la superficie dei linguaggi tecnici e dei presupposti metafisici propri delle varie tradizioni contemplative e della scienza stessa), un atteggiamento fenomenologico (che privilegia l’esperienza in prima persona degli stati di coscienza, piuttosto che l’autorità scientifica o la voce della tradizione) e uno sguardo interculturale (che ricerca ponti e analogie tra le diverse prospettive tradizionali e moderne, con l’idea che si tratti di mappe diverse con le quali si è tentato di cartografare il medesimo territorio).